La tragica fine del maggiore Meyer

Il maggiore della Wehrmacht tedesca Wilhelm Meyer (talora indicato come Mayer) è stato comandante della piazza militare di Casale Monferrato nel periodo dell’occupazione nazista seguita all’8 settembre 1943. Questo ufficiale, che dipendeva gerarchicamente dal Kommandantur 1014 di Valenza (colonnello Becker), fu particolarmente arrogante, violento e disumano, legando il proprio nome ad alcuni dei più tristi episodi della storia monferrina di quel periodo.
Il fatto più noto è l’eccidio avvenuto a Villadeati il 9 ottobre 1944. Accusando la popolazione di dare aiuto ai partigiani, fece saccheggiare numerose abitazioni e mise al muro dieci capifamiglia: anche il parroco del paese, don Camurati, che si era offerto in cambio dei dieci uomini, fu trucidato con loro. Meyer si distinse anche in altre imprese. In quello stesso ottobre 1944 aggredì fisicamente con violenza don Antonio Volpato, accusato di dare ospitalità presso l’oratorio salesiano di Casale a ribelli ed ebrei: in quell’occasione preannunciò che avrebbe fatto fucilare tutti i preti, con il Vescovo in testa. Ancora il 6 ottobre 1944 ordinò la fucilazione di Nazareno Lazzarini, ufficiale della “Monferrato”, riconosciuto mentre stava portando all’ospedale un partigiano ferito: gli uomini del maggiore tedesco ne gettarono poi il corpo nel Po e non fu mai più ritrovato. Sempre al nome di Meyer sono legate le rappresaglie compiute a Pontestura, Cantavenna, Ozzano, Rosignano.
Il 24 aprile 1945, il comando tedesco di Casale, insediato nelle scuole “Ciano”, fu assediato dalle formazioni partigiane giunte in città, in particolare dalla Divisione “Patria”. Fino all’ultimo il comandante rifiutò di arrendersi: l’intervento del Vescovo Giuseppe Angrisani permise di giungere a un debole compromesso: il comando si sarebbe arreso solo dopo che fosse giunto l’ordine superiore da Alessandria. Finalmente, il 27 aprile Meyer, a malincuore consegnò la propria pistola e fu arrestato dai fratelli partigiani Firmino e Dea Rota che portarono l’ufficiale a Grana, preso in consegna dalla Banda Tek Tek (2ª Divisione autonoma “Langhe”). L’indomani i partigiani della 3ª Brigata “Lazzarini” della Divisione “Monferrato” trasferirono Meyer nel carcere di Moncalvo. Si giunse così al 10 maggio 1945, quando il maggiore, riconosciuto come autore dell’eccidio di Villadeati, fu condotto nella località “Rondò”, proprio dove sette mesi prima aveva messo al muro undici innocenti. Dopo un processo sommario fu condannato alla fucilazione: sprezzante come sempre, rifiutò i conforti religiosi e morì fumando una sigaretta. Secondo alcune testimonianze, nei suoi ultimi istanti di vita avrebbe scongiurato i patrioti di non ucciderlo, essendo un contadino come loro e avendo famiglia in patria. Il suo corpo venne sepolto in uno spazio al di fuori del cimitero di Villadeati e non in terra benedetta. Solo nell’ottobre 1949 le spoglie poterono essere riesumate: prima di allora non si erano trovate persone disponibili a testimoniare. I resti del famigerato maggiore furono ricollocati nell’ossario comunale: nessun famigliare ne richiese il rimpatrio in Germania. Attualmente ciò che rimane di uno dei più feroci rappresentanti della rabbia nazista contro gli italiani riposano nel cimitero militare germanico di Costermano (Verona).

Alessandro Allemano

Bibliografia

Sergio Favretto, Resistenza e nuova coscienza civile, Alessandria, Falsopiano. 2009
Idro Grignoglio, La Liberazione di Casale, in «Il Monferrato», 19 aprile 2005

 

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