Ritratti di partigiani: la Banda Lenti

Fratelli Lenti
I fratelli Agostino e Pietro Lenti

La “banda Lenti” venne creata e guidata da Agostino Lenti, fra le colline di Camagna e Conzano, nel cuore del Monferrato casalese. Dopo una prima fase embrionale, la formazione acquisì mezzi e capacità operativa. Indiscussa la leadership dei fratelli Agostino e Pietro Lenti, entrambi ufficiali di complemento del Regio Esercito. Nei mesi di giugno e luglio 1944 fu condotta un’offensiva ad ampio raggio, a difesa del raccolto e trebbiatura del grano. Vennero colpiti gli uffici anagrafe, leva e annona dei comuni di Camagna, Cuccaro, Terruggia, Rosignano, Cellamonte, Vignale, Altavilla, Ottiglio e Frassinello, Olivola. Furono bruciati i vari elenchi che erano utilizzati per gli ammassi e le requisizioni. In tutti questi comuni, venne diramata un’ordinanza partigiana che fissò tariffe uniche per la trebbiatura, un prezzo calmierato del grano; che sancì l’obbligo di distribuire alcune quote del raccolto alla popolazione non produttrice; venne inoltre istituito un servizio di vigilanza. La “Lenti” fu annessa poi alla “Brigata Matteotti”.
La banda Lenti sviluppò la presenza e il controllo in tutta l’area collinare fra San Salvatore, Vignale e Casale Monferrato. Organizzò una rete di punti di avvistamento e controllo degli accessi all’area. Assunse la dimensione di formazione organizzata e autonoma; fu il riferimento del dissenso e dell’offensiva anti-tedesca. I fascisti casalesi iniziarono a meditarne la cattura.
A giugno del ‘44, gli uomini della “Lenti” affrontarono il pullman di linea Altavilla-Casale, sul quale un drappello di fascisti trasportava, catturato, un giovane di Camagna. Il gesto fece clamore, la popolazione percepì l’efficacia dell’azione partigiana. Il giovane venne liberato. Per tutto il mese di luglio e agosto, la GNR e i tedeschi osservarono e attaccarono, con interventi volanti e dissuasivi, la formazione “Lenti”, fra le colline di Camagna, Lu, Conzano.
Pesanti furono i rastrellamenti compiuti, prima a Lu, il 30 giugno e poi a Camagna, il 31 luglio. Già il 27 giugno, i vari gruppi partigiani della zona furono coordinati e annessi al “Battaglione Monferrato” della “III Brigata Matteotti”, sotto la guida unica di Agostino Lenti. L’opera di raccordo fu svolta da Muzio Riccardi (Alano), incaricato dalla missione alleata Youngstown – di stanza a Santa Maria di Moncalvo – e dai partigiani torinesi.
Il mese di luglio vide la formazione “Lenti” impegnata nella difesa della trebbiatura del grano. I partigiani acquistarono quintali di grano, al prezzo concordato dal CLN piemontese di 500-600 lire al quintale; li distribuirono alla popolazione. La panetteria di Mario Manassero, partigiano e fondatore con Agostino della banda di Camagna, ritornò a cuocere il pane bianco. Le operazioni di difesa della trebbiatura del grano produssero una distribuzione più equa della farina; introdussero regole spontanee di solidarietà, contro i fenomeni di borsa nera e privilegi. Durante la trebbiatura, vennero distribuiti volantini incitanti un dissenso radicale al nazifascismo.
All’alba del 31 luglio, i fascisti casalesi, con 90-100 uomini e una quindicina di mezzi motorizzati, giunsero a Camagna e rastrellarono il paese. Furono perquisite le case dei Lenti, dei Manassero e di altri sospettati partigiani.
Colombina, la mamma dei fratelli Lenti, ricorderà spesso quella giornata violenta; narrerà come i fascisti si introdussero in casa, gettarono tutti i mobili nella piazza, distrussero la biancheria, rubarono le poche vettovaglie, con il disprezzo più evidente.
Il rastrellamento del 31 luglio sconcertò l’animo e le volontà dei partigiani. La popolazione subì violenza; la Resistenza non riuscì a reagire. Agostino Lenti decise, allora, di spostare la sede operativa a Madonna dei Monti, a Ottiglio, in un casolare abbandonato (la cascina Rampone). Si adottò una tecnica di attacco più frazionata e incisiva, improvvisa.
A irrobustire le squadre, giunsero tre partigiani della “Garibaldi”, con una precedente militanza nelle Valli di Lanzo: Nicola Marchis (Niko), Piero e Angelo Bordino (Burdin).
A fine agosto, la banda Lenti diventò l’“VIII Brigata Matteotti”, con ridefinizione operata dal Comando Militare Regionale Piemontese. Alla guida, sempre Agostino Lenti e, come vice-comandante, Mario Manassero.
La banda Lenti assalì una pattuglia della Divisione Monterosa (brigata fascista antipartigiana) fra Roncaglia e Stevani di S.Martino Rosignano. Altre due operazioni nei primi giorni di settembre; morì un ingegnere tedesco, progettista di fortificazioni, vennero acquisiti due camion con mitragliatrici.

L’attivismo della banda Lenti e il consenso crescente fra la popolazione, sempre più offesa dalla prepotenza fascista e tedesca, preoccuparono i gerarchi casalesi. Venne preparato un intervento esemplare di antiguerriglia.
Nella notte fra l’11 e il 12 settembre 1944, alcuni reparti fascisti da Casale, altri da Asti e Alessandria, i tedeschi della Flak si diressero verso il cascinale di Madonna dei Monti, ove avevano in precedenza individuato la sede operativa della banda Lenti.
Nel raggio di pochi chilometri, fra le colline di Casorzo, Ottiglio e Grana, si erano insediate la banda Lenti, ora “VIII Brigata Matteotti”, la VII Brigata Matteotti, con capo Tom, la “VIII Brigata Autonoma Grana” della “Divisione Langhe”, guidata da “Tek Tek” (Luigi Acuto). Quella notte, i partigiani del Tek Tek erano accampati in tenda, a 300 metri dal cascinale dei Lenti. Iniziò a piovere. Per quella giornata era previsto l’arrivo di altri gruppi e un coordinamento operativo.
Alcuni tedeschi sorpresero Tek Tek mentre si avvicinava al cascinale dei Lenti, lo ferirono. Il capo partigiano, temerario come sempre, reagì, sparando all’impazzata riuscì a scappare fra i filari, anche se raggiunto alla schiena da un proiettile. Si fermò dopo mezzo chilometro; nascosto fra i cespugli, vide uscire dal cascinale tutti i componenti della “Lenti”, mani alzate.
Tek Tek raggiunse la banda Tom; si discusse sull’opportunità di reagire con un attacco ai tedeschi. Tom ritenne che le forze in campo fossero troppo scompensate; sarebbe stato un inutile suicidio. Si pensò che i tedeschi non decidessero per la fucilazione, ma solo per la cattura e poi la deportazione in Germania.
I tedeschi colpirono Rosa Berruti, figlia di Pietro affittuario di quella cascina Rampone diventata rifugio dei Lenti: la donna che si era affacciata alla finestra, fu ferita gravemente. Il fratello Riccardo per rappresaglia sarà invece catturato il giorno successivo, condotto in una vigna, ucciso con un colpo di pistola alla nuca e sommariamente sepolto lungo un filare.
Agostino e Piero Lenti discussero poi con il capo degli assalitori; ottennero la garanzia che avrebbero ucciso solo loro e catturati gli altri partigiani, salvando loro la vita. Ma non ci fu tempo e modo per una leale resa. I nazifascisti ingannarono.
Caricarono i 28 partigiani catturati su due camion e alcune autovetture; li trasportarono a Valenza, presso la sede del Kommandantur 1014. Arrivarono alle ore 13.
All’altezza della porta Bassignana, Agostino tentò di immobilizzare i due aguzzini. Niko accelerò il più possibile per cercare di fuggire da Valenza. Il tentativo fallì: il maggiore repubblichino scaricò la pistola alla nuca di mio figlio. Nico, invece, riuscì a fuggire, sebbene ferito.

Gli altri componenti la banda vennero sottoposti ad un farsesco processo nelle scuole “Ciano” di Valenza. Vennero interrogati e bastonati. Qualcuno nutriva ancora la speranza di essere trasferito in Germania, come deportato. Le speranze svanirono alle 16,30. Tutti furono condotti nello spiazzo adiacente al muro di cinta del cimitero. Furono legati sei per sei, mani dietro la schiena. Il primo gruppo fu preso di mira da un plotone di soldati austriaci, alla presenza di fascisti della G.N.R. e delle Brigate Nere, nonché dei comandanti tedeschi Graff e Müller.
I proiettili non ferirono mortalmente; forse i tedesco-austricaci vollero risparmiare le vittime da morte certa. Intervenne, allora, il maresciallo tedesco Müller della Kommandantur 1014, li finì uno ad uno: furono colpi diretti alle tempie.
Unitamente ai ventisette della banda Lenti, quel pomeriggio, venne fucilato anche Karl Barth, disertore dell’esercito tedesco catturato a Isola S. Antonio.
Il partigiano Niko (Nicola Marchis), fuggito dall’auto, si diresse verso il Po. Raccolto da partigiani della “108ª Brigata Garibaldi”, fu curato dal medico di Pecetto; Niko morì poi a Vignale, il 12 aprile 1945, in un combattimento alla vigilia della Liberazione.

Questi sono i nomi dei 27 caduti di Valenza.

Mario Giuseppe Accatino “Meio” (Camagna, 1925, contadino), Cesare Amisano (Frassinello, 1922, elettricista), Aldo Bergamaschino (Vignale, 1914, studente), Angelo Bordino “Burdin” (Mathi Canavese, 1925, camionista), Paolo Cantamessa (Casale, 1921, geometra), Guido Chiesa (Casale, 1922, geometra), Leandro De Bernardi (Camagna, 1922, contadino), Piero De Bernardi (Camagna, 1924, albergatore), Pietro De Bernardi (Camagna, 1923, muratore), Luigi Filippini “Gino” (Casale, 1924, studente), Agostino Lenti “Isa” (Camagna, 1919, studente e ufficiale alpino), Pietro Lenti “Pierino” (Camagna, 1917, studente e ufficiale autiere), Pietro Leone (Camagna, 1923, insegnante), Edoardo Lupano (Camagna, 1923, contadino), Pietro Lupano (Casale-S.Maria del Tempio, 1925, meccanico), Marcello Luparia (Rosignano, 1926, meccanico), Mario Manassero “Eliso” (Camagna, 1918, panettiere), Crescentino Marinone (Casale-S.Maria del Tempio, 1924, elettricista), Biagio Mazzucco (Vignale, 1925, contadino), Renato Morandi (Casale, 1926, meccanico), Giuseppe Pampuro (Borgo S.Martino, 1923, motorista aeronautico), Felice Pastrone “Liberato” (Camagna, 1923, pasticciere), Jofre Priatti (Vignale, 1924, contadino), Giovanni Ronco (Rosignano, 1920, contadino), Pierino Scarrone (Camagna, 1920, contadino), Giovanni Spigo (Camagna, 1926, studente), Giovanni Zeppa (Casale-S.Maria del Tempio, 1918, contadino).

Alessandro Allemano

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